Raffaele Rinaldi e il “wit” siciliano.

Raffaele Rinaldi

Raffaele Rinaldi

La fotografia è quanto di più fittizio possa esistere. Superata la falsa illusione di vedere rappresentata la realtà per quella che è, ciò che si chiede alla foto è di restituirci una frazione di esistenza, una sensazione labile, un mondo culturale, un progetto che diventa immagine. Guardando le fotografie di Raffaele Rinaldi, possiamo fare  questo esercizio di scomposizione e provare a capire qual è il suo mondo di riferimento e il filtro attraverso cui egli rappresenta le donne, i giochi della mente, e il trionfo barocco di certe immagini dal gusto siciliano. Palermitano di origine, classe 1973 formatosi all’ Accademia di belle arti di Firenze, vanta anche studi scientifici e musicali.

La sua “via di Damasco” sembra essere stata una passeggiata sul corso fiorentino, quando scorge da una vetrina di una pasticceria una torta esposta in bella vista. Nella sua mente la torta diventa un cappellino molto elegante, così nasce la foto della serie “Sweet beauty” in cui  una giovane donna  indossa  questa torta-cappellino con le iniziali del suo creatore. Tutta la serie nasce con l’intento di creare una metafora visiva incardinata sullo slittamento del senso. Citazione surrealista, certamente, ma originale la soluzione di utilizzare il cibo, già  di suo intriso di simbolismi, per farne un puro elemento decorativo. Per meglio dire, l’idea è riportare il cibo ad una funzione meramente estetica (forse schiacciando l’occhiolino al trend imperante del visual food) e sviluppare un senso di straniamento molto soft.  E ci riesce bene, a giudicare dalle immagini che ritraggono altre donne con altrettanti decori da mangiare: volute di liquirizia al posto di onde e riccioli dal gusto decò, meringhe come strutture posticce in una geisha postmoderna, trionfi di limoni siciliani a mò di corona, il cannolo, dolce per eccellenza della tradizione arrotolato ad una ciocca come un bigodino,  e una regale testa di moro femminile, coronata da fichi d’ india che tanto ricorda la corona della moglie di Federico II, Costanza d’Aragona

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Sicilia, surrealismo, ma c’è dell’altro. Prestiti dal mondo dell’arte, per iniziare, e non sotto  forma di citazioni, ché  il gioco sarebbe “facile”; ma di elementi stilistici, strutturali, per così dire: la pulizia delle forme del Rinascimento, la geometria armonica delle proporzioni dell’arte greca, una “pittoricità” delle immagini che mima la severa impostazioni delle forme artistiche, e la campitura netta dei colori che non dà adito a “modernismi” tecnici. Classico e tuttavia innovativo, nell’idea di fondo: elementi che rinverdiscono uno dei classici forse più citati dell’arte, la figura di Ofelia e che sono l’ossatura di fondo di altre foto come la donna con il falco, e la donna con il gatto nero dalla serie animal beauty. Chi detiene il potere in queste foto? Sapreste dirlo? È tutto uno scambio di ruoli tra uomo e animale.

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Raffaele Rinaldi fa, con la fotografia, ciò che in letteratura viene definito “pastiche”, cioè una combinazione di elementi  disparati con intenti espressivi che spaziano dal parodico all’ironico, mimetico etc. La sua capacità di fondere citazioni artistiche e stil (surrealismo, arte rinascimentale, elementi della tradizione locale, dell’immaginario siciliano), ad una iconicità prettamente autoctona, rendono le sue foto uniche nel suo genere, un esempio di creatività, ironia, stile. Uno spirito “wit” che spira dal Sud.

Ho fatto qualche domanda a Raffaele, ecco l’intervista. Continua a leggere