CONVERSANDO CON…MARIA ATTANASIO
di Gabriella Venera Grasso
Conversare con Maria Attanasio è arricchirsi dei frutti di esperienze molteplici e di un punto di vista che invita a problematizzare. La incontriamo in occasione della presentazione della sua ultima fatica, Lo splendore del niente, racconti pubblicati quest’anno per la casa editrice Sellerio.
Attanasio è artista complessa, che si è inoltrata nei campi della poesia, della narrativa e della saggistica, offrendoci piste di riflessioni interessanti tanto sul presente, quanto su nodi e temi del passato. I suoi romanzi, editi tutti da Sellerio, attingono dalla storia e ne illuminano aspetti e figure meno conosciute (Rosalie Montmasson, unica donna al seguito dei Mille, ne La ragazza di Marsiglia, per fare un esempio), arricchendoli di un “surplus” di vita come l’arte sa fare. I saggi ci parlano di Sicilia, nei suoi aspetti di luce (i grandi contributi artistici dei conterranei che per l’autrice sono un riferimento costante: Verga, Sciascia, Piccolo, Cattafi, Addamo…) e in quelli oscuri e problematici (il sistema mafioso).
Destinataria di numerosi riconoscimenti in ambito letterario (ultimo in ordine di tempo il Premio Pino Veneziano, proprio in questi giorni), Maria Attanasio è scrittrice meticolosa e “lenta”, come scherzosamente si definisce, considerando la cura e il grande lavoro variantistico che accompagna ogni suo scritto, in special modo quelli poetici, dove ogni parola è ponderata a lungo ed acquista un peso tutto suo. Nelle poesie l’autrice sviluppa temi che riprenderà nella narrativa e che costituiscono il fulcro dei suoi interessi: la microstoria come modo preferenziale di accostarsi alla storia, le “storie di emblematica alterità” di chi paga il prezzo di un mondo sempre più violento e lanciato in una cieca corsa verso la produttività, le spinte di sopraffazione e il contraltare dell’indifferenza e dei particolarismi, e poi le figure di donne, la fragilità e la potenza del corpo e il suo valore semantico. Tutti temi che stanno a cuore alla scrittrice, espressi con l’intensità che il dettato poetico conferisce ai suoi contenuti.
Ma in quale rapporto stanno la produzione narrativa e quella poetica nel percorso dell’autrice? Maria ci rivela che le narrazioni si sono sempre “imposte” a lei con una certa urgenza: proprio quelle vicende, quelle persone chiedevano attenzione e spazio e volevano essere raccontate, perentoriamente; nella poesia, invece, i tempi si dilatano, le parole affiorano con lentezza e lentamente vengono cesellate, acquisendo uno spessore proprio.
Le chiediamo poi qual è la narrazione del “corpo” che emerge dalle sue opere, in cui è un elemento ricorrente (corpo-cretto, spaccatura, corpo d’argilla…), anche in riferimento ad una narrazione del femminile che vuole essere sganciata da logiche mercificanti e da un’ottica utilitaristica. Quello del corpo in cambiamento, ci spiega, è un campo (semantico ma anche esperienziale) nel quale diventano evidenti le crepe, le fragilità, le sovrapposizioni, “concretizzazioni di memorie arcaiche”, come le definisce Anedda, che l’autrice non intende nascondere dietro immagini patinate da photoshop, ma mostrare nella loro verità.
L’opera della maturità artistica di Maria Attanasio, nella quale sono confluiti molti testi degli anni precedenti, è indubbiamente Blu della cancellazione, pubblicato nel 2016 da La Vita Felice, con prefazione di Antonella Anedda e vincitore del Premio Brancati-Zafferana e del Premio internazionale Gradiva di New YorK.
É una poesia quanto mai attuale e incisiva, che “mette in campo il problema del male”, ma non in quanto “poesia astratta, filosofica o dimostrativa. Maria non dimostra delle tesi. Semmai pronuncia una domanda e la immerge nelle figure vive del mondo” (Milo De Angelis).
Il titolo, suggestivo e carico di una certa inquietudine, richiama il blu del mare profondo, che custodisce tesori, ospita la vita e la bellezza in forme varie e misteriose, ma è diventato spesso, nel corso della storia e drammaticamente in questi nostri tempi, sudario per troppe morti. Il motivo dell’acqua, delle sue infinite sfumature, dei suoi inquieti movimenti, del suo apparire, levigare, colpire, fluire, inghiottire, percorre tutte le parti della raccolta e quasi ci trascina nel gorgo misterioso di un declino personale e collettivo, quello, sempre più evidente, di un “occidente spaesato”.
Da Blu della cancellazione proponiamo alcune poesie.
Dell’acqua caìna
Piovve quel giorno, a diluvio a tempesta,
fu un fuggi fuggi per la sopravvivenza,
io, nel mio guscio di orfanità,
già pensavo a decostruirti, farti testo.
Non smise però, e ancora adesso piove:
un’acqua caìna che ha divelto radici,
sciolto inchiostri tracce: inutilmente
mi misi in ascolto tra i dettagli nel folto
-la serranda abbassata, la tivù spenta
In cucina-rilucendo adesso,
imprevisto, l’oscurato alfabeto.
Ma più ti assomiglio, più m’incazzo,
ritrovandola chiara-la password-
tra detriti e pretrisco
nelle crepe della muta domanda allo specchio
Frammenti dell’acqua mutante
…non incrocio di linee
ma angoli ciechi parallele
tra suppellettili e battito di ciglia
immagini difformi frammenti di figure
nel reset conclusivo
forzando tempi migrando
verso sterili costellazioni d’altri…
…oscilla s’increspa
al vento della forma-segno
che l’indomito cerca l’intero
l’intatta armonia-un brusio
dilaga dal fondo: frusciare
d’acqua alta crepitare di fiamma…
Sono il bambino della grotta
Sono il bambino della grotta
-il poliglotta, il diverso, a forza
chiuso nel recinto del nome-
adesso clandestino
-luce migrante, fiato di candela
tra le catene dell’oscuro-
sono occhi e lingua straniera:
l’isola all’orizzonte
lo stelo d’oro splende oltre il confine
Rosso
Rosso
che adesso è lama e cesoia
muro scrostato ombra
che s’allunga e ballarìa
– la zattera dei nomi alla deriva –
occidente spaesato
nel blu della cancellazione,
maria del declinare,
addio.