In natura gli animali bianchi sono considerati un’anomalia. Il gene del mantello bianco determina la loro marginalità. Questa condizione li espone a una maggiore vulnerabilità nei confronti dei predatori. Al contempo, questo essere neutri, li rende unici, incomparabili, non classificabili secondo i consueti parametri.
“Gli animali bianchi sono diversi dagli altri, hanno un’ anomalia nei loro geni, una mancanza che rende faticoso il loro adattarsi alle abitudini e alle regole condivise. Se esistessero gli angeli avrebbero probabilmente quelle fattezze “
Una metafora molto centrata, quella che Cristina Caloni sceglie per il suo secondo romanzo “Animali Bianchi” per i tipi di Golem
Un cambiamento cromatico netto, rispetto al primo romanzo, dove prevaleva il nero, come atmosfera, ambientazione, latitudine emozionale. Se nello spettro cromatico il nero assorbe i colori, il bianco li riflette tutti, diventando un contenitore invisibile di mille modalità. Contiene in potenza il maschile e il femminile e le sue forme intermedie, frantuma l’esistenza nelle mille possibilità.
I colori che sono dentro, come imprigionati, erompono quando è il momento di toccare il rosso, il viola, il blu, il fucsia. Assorbono il male, il bene, le contraddizioni in un mondo dove la moralità è appunto un possibile colore dell’essere dei sette animali bianchi che animano la scena di questa estenuata storia antiborghese.
Fran è certamente quella che incarna i personaggi preferiti di Caloni, maledetti, estremamente dandy in un senso più contemporaneo, tra bollicine di champagne e concerti rock, locali fumosi e auto di lusso.
Essere androgino dotato di un fascino che centrifuga tutto quello che le gira attorno, Francoise, “Fran” è Ulisse e Penelope assieme, il viaggio e l’attesa, il maschile che scommette il destino, il femminile che attende in astuta attesa e con intelligenza multiforme si barcamena tra le tregende del caso. Sin dall’incipit del romanzo, il vagheggiamento omerico del viaggio del ritorno spalanca la trama diffusa del romanzo in una possibile epica del presente dove riconosciamo i sempiterni sentimenti che ricongiungono i sette animali bianchi: Neva, Amen, Amelia, Ivana, Lucy, Fran:
La nave era un enorme gioiello incagliato che luccicava e ansimava, un insetto meccanico che esalava gemiti metallici, nobilmente sdraiato sul suo fianco destro in un mare tranquillo dai bagliori dorati.
Inizia tutto con un naufragio, saltato alle cronache italiano di qualche anno fa; Neva che parla per prima è vittima del suo analogo simbolico, un naufragio esistenziale, fa l’inventario delle macerie, quelle della Costa crociere inabissate, le sue ancora galleggianti nella psiche.
Nelle frange sterminate delle personalità degli animali bianchi, perfette e misteriose come i frattali, ognuna contiene l’altro da sé in un drama queer che ci porta al cuore di una questione soprattutto umana, prima che di genere,.
Quante volte siamo uomini e donne indipendentemente dal nostro genere di appartenenza? Quante volte incarniamo lo stereotipo, quante volte lo scardiniamo? “Eravamo animali albini usciti dai sotterranei per sconvolgere i perbenisti” rimane quell’esigenza di rompere le barriere, un salto nel buio che il motore di tutto, l’animale principale Fran non riesce ad abbracciare completamente, circondandosi di feticci da ricconi, fino al trash, all’esagerazione compiaciuta:
Fran si era trasformata nella superficie levigata e innocua delle cose, ogni angolo smussato, ogni ombra fugata. C’è chi è disposto ad accettare pesanti compromessi, a pagare qualsiasi cosa pur di arrivare in alto: rinunciare a se stesso in nome dell’apparenza, piegarsi e vendersi all’ideale del potere come se fosse tutto uno scherzo, un gioco
In questo mondo che tanto mi ricorda gli anni novanta delle supermodel di Altman, mischiati con lo stile grunge-chic di Caloni, mi sembra di scorgere una scrittura che riesce a stento a trattenere l’emotività, – qualche volta questa si frantuma letteralmente nelle scene parossistiche – dove gli umori mascolini e femminili, a dispetto di ogni categoria, conflagrano. Animali bianchi che annaspano tra le gabbie di una società giudicante e il loro vitalismo sfrenato, sessuale, o più semplicemente umano.
Nel raccordare questi intensi quadri umani, Caloni si conferma scrittrice colta e attenta alle suggestioni musicali, estetiche in senso lato: una sensibilità che raccoglie il vissuto, lo incasella in una cornice precisa, in un’atmosfera culturale, entro la quale agilmente compone canzoni, riflessioni, abbandoni nichilisti, amori amari, tragiche morti consumate sulla spider a suon di Metallica: ampie le citazioni musicali sempre precise e coerenti, non sono un ornamento ma la colonna sonora delle vite, esattamente come sarebbe nel montaggio di un film, con tempi e scansioni perfette. Ha i sensi acuiti, Caloni, e la sua è una scrittura che si deve prima sentire, senza alcuna forma di pregiudizio.