di Emiliya Pietropaolo
L’articolo si concentra sulla figura femminile presente all’interno dei romanzi: la prospettiva Nevskij (Невский проспект) dell’autore ucraino naturalizzato russo Nikolaj Vasilevicč Gogol e i tempi di Anika (Anikina Vremena) del diplomatico e scrittore jugoslavo Ivo Andrić. Con il racconto di Gogol, La prospettiva Nevskij, desidero concentrarmi sul protagonista Piskarëv, un artista timido, che proprio su questa via,incontra una donna e ne rimane incantato, fino a seguirla, ignorando che sarà la causa della sua distruzione. Questo tipo di donna, seduttiva e rovisnosa, viene rappresentata anche in Andrić, in particolare nel breve racconto I tempi di Anika.
Durante la narrazione assistiamo alla sua evoluzione, inizialmente viene vista da tutto il villaggio come la “Bellissima” ragazza, alta e magra, in seguito alla sua delusione d’amore, si trasforma, diventa per tutti una strega. Entrambi gli scrittori idealizzano la figura femminile, rappresentandola come una Donna Angelo.
La rappresentazione della figura femminile come Donna Angelicata è un topos noto nella letteratura italiana; dallo Stilnovo fino a Italo Svevo, per esempio, dove in Senilità, una delle protagoniste è Angiolina che tuttavia presenta deelle caratteristiche ambigue, si trasforma in una donna fatale, che distrugge il sogno dell’uomo. Tornando però, ai romanzi citati sopra, osserviamo come si attua la metamorfosi di queste donne.
Dall’antichità fino ai testi sacri come la Bibbia la figura femminile è sempre stata osteggiata, additata come una strega, un demonio, che con un solo sguardo o tramite la parola, è capace di ammaliare e distruggere l’uomo. Nella vicenda biblica di Adamo ed Eva, quest’ultima è additata come colei che ha portato alla catastrofe dell’uomo, facendogli assaggiare ill frutto proibito. Si pensi ai tempi dell’inquisizione, il tempo della caccia alle streghe, o ancora, alla chiesa cattolica oscurantista fautrice dei sensi di colpa sulle donne, che non potevano avere rapporti sessuali prima del matrimonio che doveva, peraltro, avere scopi riproduttivi. Per controllare se le donne avessero commesso atti impuri, la chiesa cattolica già ai tempi dell’inquisizione usava lo strumento della confessione. La donna deve essere sottomessa all’uomo e se provoca ribellione contro l’uomo che può essere il marito o il padre, è una strega, è una Lilith. Ivo Andric e Gogol, con i loro racconti hanno mostrato la figura della donna come peccatrice, come femme fatale.
Nikolaj Vasilevič Gogol con il racconto breve, contenuto nei racconti di Pietroburgo, La prospettiva Nevskij, allestisce una scenografia piena di sogni, perché leggendo il racconto si ha la percezione che tutto è un sogno; in realtà è un sogno reale che fa il protagonista Piskarëv, l’artista timido. Prima di incontrare il protagonista Piskarëv, Gogol, fa una descrizione della Nevskij, dove si vede la gente che cammina sulla Neva, con i tratti caricaturali, come si evince dalla descrizione delle barbe degli uomini
.Gogol la definisce “una prospettiva pedagogica” e proprio su questa via Piskarëv incontra la Bianca del perugino. Non è un caso che Gogol abbia dato il ruolo dell’artista al protagonista e soprattutto che abbia assegnato come nome alla ragazza la Bianca del perugino, perché lo stesso autore amava l’Italia e conosceva gli artisti italiani, come Dostoevskij che all’interno delle sue opere come ad esempio nell’’Idiota riferisce di molti quadri di artisti italiani conosciuti durante il soggiorno italiano. L’artista timido segue la giovane:
“Con segreta trepidazione egli si affrettava dietro l’oggetto che l’aveva tanto fortemente colpito, e pareva stupirsi lui stesso della propria temerarietà. L’ignota creatura verso la quale erano così attratti i suoi sguardi, pensieri e sentimenti, a un tratto voltò la testa e lo guardò. Dio, che divini lineamenti! La deliziosa fronte d’abbagliante candore era ombreggiata da capelli stupendi come l’agata. Essi s’avvolgevano in riccioli meravigliosi, e una parte, cadendo di sotto al cappellino, sfiorava una guancia soffusa d’un tenue rossore causato dalla frescura serale. Le labbra erano suggellate da un intero sciame di deliziosi sogni. Tutto ciò che resta dei ricordi dell’infanzia, tutto ciò che produce la fantasticheria e la quieta ispirazione davanti al lume della lampada, tutto ciò sembrava essersi concentrato, fuso e riflesso nelle sue armoniose labbra”
Quindi l’artista giovane rimane incantato da questa figura, inizia a seguirla, la ragazza se ne accorge, più avanti si scoprirà che non è propriamente una ragazza angelica, semplicemente il ragazzo l’aveva idealizzata. È un Icaro caduto, come se stesse su una verticale, dove in alto c’è l’idealizzazione e sotto l’inferno, l’abisso, per certi versi baudelariano.
Il sogno s’infrange in un attimo, una volta entrato nella casetta di modeste condizioni della ragazza diciassettenne, perché si accorge che qualcosa non andava, e se ne scappa a gambe levate. Tornato a casa, immagina di essere invitato dalla stessa creatura, pura e tenera ragazza, a casa sua, dove loro due si guardano, ma il sogno è ingannevole,perché la sua mente sofferente, a causa dell’oppio, gli aveva resttituisce un’immagine deformata, la donna pura e angelicata.
Rimane sconvolto dalla visione, e fa l’unica cosa che poteva fare: andare da lei. Arrivato da lei, la chiede in sposa, ma lei rifiuta. Pensava Piskarev di salvarla come tutti gli altri uomini che rimangono affascinati da una ragazza che non è quella che sembra realmente. Si prodigano questi uomini cavalieri. L’artista timido che non riesce ad affrontare quella triste condizione, ormai perso per quella Bianca del perugino, si uccide, si taglia la gola, abbandonato da tutti.
Gogol con questo racconto ma anche con le altre sue opere, rende le donne streghe, le rappresenta come demoni, capaci di distruggere l’uomo attraverso la seduzione. In questo caso Gogol le definisce Rusalche, delle sirene sessualizzate. Anche in un altro racconto di quest’ultimo, Taras Bul’ba, il cosacco Taras, uccide il figlio Andrij, perché innamorato del suo nemico, questa donna polacca, andando contro la comunità dei cosacchi.
La donna di Andrić, invece, è una donna scacciata dal paradiso e mandata all’inferno, perchè Anika è proprio come Lilith, una demone, indipendente, libera, che non si sottomette all’uomo: è una ribelle. In un villaggio oscuro della Bosnia, Visegrad, si cela una donna misteriosa, che con la sua presenza sconvolge gli animi del villaggio, in particolare l’esistenza degli uomini.Il racconto prende inizio come una cronaca, inizia a raccontare la storia del figlio del pope Kosta, Vujadin, che anch’esso segue la strada paterna. Ma l’esistenza del pope Vujadin non persegue la serenità, al contrario, è un tipo taciturno, solitario, e perde la moglie di parto. La perdita della moglie acuisce il suo stato d’animo, ormai traballante. In quel villaggio la gente diffidava delle persone tristi e taciturne. Un giorno però, la vita del pope Vujadin, viene scombussolata, quando, a seguito della morte della moglie, comincia anche a provare disgusto e ripugnanza per le donne:
“si voltava con disgusto verso la stanza soffocante e semivuota, insultandole ad alta voce con gli epiteti più oltraggiosi. Un odio incomprensibile gli saliva alla gola, le parole e il respiro gli venivano meno”.
Un giorno ormai il pope odiava se stesso e al suo quinto anno di stato vedovile, assiste a una scena che crea turbamento: due donne con due ufficiali stranieri seduti a terra. Quella scena gli provoca turbamento come se non avesse mai provato emozioni di quel tipo, così intense, tanto da avere di essere scoperto. Da quel momento in poi, decide di avventurarsi nel bosco, pensa di aver immaginato tutto, di non aver visto veramente quelle donne. Così, in quel bosco, durante una notte afosa d’estate, spara con il suo fucile a dei contadini che stavano attorno al fuoco con delle ragazzine. Quell’immagine delle donne che si divertivano per lui era inaccettabile, era arrivato ai limiti della follia. Il clou della storia prende avvio come se fosse una leggenda, quando in questo villaggio appare Anika, ma allo stesso tempo arriva la figura di Mihailo, un forestiero che stava fuggendo dal suo segreto, che coinvolgeva proprio una donna.
Anika viene descritta come alta, magra, bella, con un rapporto conflittuale con la madre che non le prodigava amore materno, con il padre accusato di omicidio e con il fratello malato di mente che avrà un suo ruolo all’interno della storia. Anika così bella, come la Elena di Troia, che proprio a causa della sua bellezza viene condannata; è una donna, una Lilith, perché subisce una trasformazione. In seguito al rifiuto dell’amore da parte di Mihailo, lei inizia a mutarsi, diventa la meretrice per tutti, la donna che accoglie uomini in casa, sfasciando intere famiglie del villaggio. A differenza del racconto di Gogol, qui la donna non si lascia corrompere con il denaro, non si fa pagare, neanche con i doni. È una donna emancipata che con il suo carattere forte e la sua determinazione, anche se porta alla distruzione anche il figlio del pope Jaksa, non si sottomette ai canoni sociali e ai costumi di quella società primitiva, dove si accoglievano solo mogli-madri.
Perché Andrić e Gogol rappresentano e le figure femminili come donne demoniache, streghe? La risposta a questa domanda è questa: perché sono donne che non si sottomettono all’autorità dell’uomo, sono libere e questo, per esempio, alla gente del villaggio di Visegrad non piace. Se pensiamo alle donne in generale, anche nelle icone, sono rappresentate come esseri vergini, pure, delicate.
Anika è una donna onsapevole del fatto che può trovare la salvezza solo nella morte, un po’ come succede a Nastas’ja Filippovna nel romanzo I demonî di F.M Dostoevskij, che muore per mano di un uomo o a Desdemona nell’Otello. Nella seduzione, come dice Aldo Carotenuto: ” L’individuo sedotto è catturato, sottratto ad un preciso ordine di significati, condotto “altrove”, afferrato da una forza a cui non può opporre resistenza “. (Riti e miti della seduzione.)
E per concludere con Andrič:
In ogni donna c’è un diavolo che bisogna uccidere facendola lavorare oppure partorire, o tutte e due le cose; se la donna si sottrae all’una e all’altra, allora bisogna ucciderla.